© Copyright Sottofondo Studio

Roberto Casti, There are more things

30.04.22 / 21.05 2022

THERE ARE MORE THINGS

Roberto Casti


a cura di Ilaria Leonetti
in collaborazione con Sottofondo studio

 

Qual è il ruolo della memoria, quale quello dell’oblio?

At any rate it is a constant idea of mine; that behind the cotton wool is hidden a pattern; that we-I mean all human being – are connected with this; that the whole world is a work of art; that we are parts of the work of art. Hamlet or a Beethoven quartet is the truth about this vast mass that we call the world. But there is no Shakespeare, there is no Beethoven; certainly and emphatically there is no God; we are the words; we are the music; we are the thing itself. And I see this when I have a shock.

This intuition of mine-it is so instinctive that it seems given to me, not made by me-has certainly given its scale to my life ever since I saw the fower in the bed by the front door at St Ives. If I were painting myself! should have to fnd some-rod, shall I say- something that would stand for the conception. It proves that one’s life is not confned to one’s body and what one says and does; one is living all the time in relation to certain background rods or conceptions. Mine is that there is a pattern hid behind the cotton wool.

Virginia Woolf, Moments of Being, 1972, Harvest/HBJ Book pp.72-73

Come è possibile che rimangano solo alcuni piccoli dettagli della nostra intera esistenza capaci di fssarsi nella mente e non lasciarci più? Cancelliamo costantemente parti di vita con una facilità disarmante.
Ci sono memorie dolorose, fastidiose e ambigue che nonostante gli sforzi non cedono il posto e rimangono aggrappate, vivide. Più si cerca di dimenticarsene più tornano a galla. I detriti, così come un ricordo non voluto, possono essere seppelliti, ma saranno sempre lì. Chi vuole vivere in un mondo in cui le macerie, letterali o psichiche, sono visibili? Nascondere la polvere sotto il tappeto sembra l’azione preferita del nuovo
millennio. Nessuno vuole vedere cosa c’è sotto, nessuno vuole davvero avere a che fare con l’orrore.
Tutto ciò che è doloroso, disgustoso, inquietante viene relegato alla sfera dell’alterità. Altro da noi e dal nostro mondo perfetto e splendente. La risposta immediata è quella di allontanarsene così da prendere le distanze e eliminare tutto ciò che può interferire con il nostro benessere personale. La minaccia è diventata non più di carattere vitale, in quanto l’unica preoccupazione che abbiamo è di mantenere la nostra tranquilla e statica vita. Perfno quando la minaccia non presuppone un pericolo si decide di eliminarla immediatamente in quanto corpo estraneo, non prevedibile e, forse, in grado di smuovere gli equilibri nei quali ci si è rifugiati.

Niente sembra durare e la paura di cambiamenti rende sempre più irrequieti, la vita stessa e le nostre costruzioni sociali sembrano apparire sempre più fugaci e insensate. Non vi è mai capitato di essere in strada, camminare e all’improvviso vedere un senzatetto e d’istinto volgere lo sguardo dalla parte opposta perché in quel preciso momento non siete in grado di scontrarvi con la realtà in tutta la sua crudezza, spogliata dei suoi ornamenti?

La ricerca di Roberto Casti si insinua in questo frangente. Con i suoi lavori vuole dare una scossa al pubblico. Rendere consapevoli della propria esistenza e della propria posizione nel mondo, dell’unicità e al tempo stesso della accidentalità della vita con tutte le sue sovrastrutture che celano la parte più reale del mondo: le sue brutture e contraddizioni.

Per Casti il mondo e chi lo abita sono connessi inesorabilmente. Una verità che si palesa solo in alcuni momenti della propria vita. In maniera fortuita e inaspettata, accade di rendersi conto, di uscire da quel mondo ovattato nel quale ci rifugiamo e prendere consapevolezza di esistere in quel preciso momento. Domande esistenziali, inquietanti e inesplicabili si nascondono dietro la costruzione di ogni lavoro dell’artista.

L’opera statement della mostra Noi siamo qui (Sottofondo) ne è l’esempio lampante. Qual è la nostra posizione nel mondo? Dove inizia e fnisce il nostro corpo e dove inizia e fnisce lo spazio circostante? Al centro della sala principale è posizionata una riproduzione in scala in plexiglass trasparente dello spazio di Sottofondo Studio. Cumuli di polvere, detriti e sporcizia conservati con cura nel corso dei mesi precedenti ne occupano lo spazio interno. Come suggerisce il titolo, ritrovandosi davanti l’opera lo spettatore si confronta direttamente con lo spazio che occupa e su dove si trova. Ci si sente più grandi ma anche più piccoli, si osserva uno spazio ma allo stesso tempo lo si abita in quello stesso momento. Un espediente che vuole mettere in discussione la scala dei valori che comunemente utilizziamo e rendere visibile ciò che quotidianamente viene rimosso.

Perché scardinare quelle che sono le nostre convinzioni intrinseche è essenziale per andare avanti, accettare che esistano le brutture e il male è il primo passo per la cura perché non esiste un futuro senza un noi. Lo sguardo di Casti invita ad andare oltre al velo delle apparenze, a scomporre una realtà che considera fttizia, una messa in scena ben realizzata che però cela e rende opaca la visione. There are more Things, è infatti, il titolo. Un suggerimento semplice ed evocativo.

Ci sono più cose oltre a quel- lo che vediamo, sentiamo e viviamo. Ci sono le macerie, la polvere, le crepe, l’orrido, la fragilità. Siamo esseri piccoli, cagionevoli e per nulla speciali e, proprio per questo, unici nella nostra transitorietà. È tutto a portata di sguardo, lì davanti, e volgere con- tinuamente lo sguardo diventa sempre e sempre più diffcile quando la realtà ti viene palesata davanti agli occhi. Quindi, per favore, non voltare lo sguardo dall’altra parte anche tu.

Ilaria Leonetti

Un ringraziamento a Max Mondini per avermi aiutato a nascondere qualcosa all’interno dell mostra, ma soprattutto per l’amicizia e il confronto.

Ringrazio Riccardo Gialloreto per il prezioso aiuto nella realizzazione dell’opera Noi siamo qui (Sottofondo), e tutte le amiche e amici che hanno collaborato per l’opera Tomorrow is the opposite of yesterday, but what is today?